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26:Lug

Lectio XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Lectio XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Lectio Divina

Gv 6,1-15

La Parola che il Signore ci dona in questa XVII Domenica del Tempo Ordinario, nella tematica del “pane donato a molti” ci fa certamente contemplare la grazia del Sacramento eucaristico, attraverso ...

cui Gesù “si lascia mangiare” da tutti coloro che hanno “fame di Lui”, perché nello Spirito di Dio, tutti possano divenire un “sol Corpo”, cioè consanguinei e con-corporei di Cristo. In prossimità della Pasqua dei Giudei, il prodigio compiuto da Gesù, della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci con cui i cinquemila uomini, accorsi, vengono saziati, è un chiaro anticipo della vera Pasqua del Signore: la sua morte e risurrezione, con cui Gesù sconfigge ogni morte, ogni tenebra, ogni peccato, ogni dubbio, per donare una volta per sempre se stesso. Il suo “Corpo spezzato e il suo Sangue versato” sono “il vero segno” con cui Gesù sazierà la fame e sete dell’umanità che verrà a Lui, di ogni anima assetata che avrà bisogno di nutrirsi di Lui per annientare “la propria infermità”: “Non sono venuto per i sani, ma per i malati” (cf. Mt 9,9-13), alludendo ad ogni uomo ferito dal peccato. Non dobbiamo mai cessare di ringraziare il Signore per il dono che ci fa di se stesso, tutte le volte che attraverso le mani sante di ogni presbitero, possiamo attingere del suo Corpo, perché in questo gesto, chiediamo al Signore, spesso sottovalutandolo, di fare parte del suo Corpo mistico. Accostandoci all’Eucarestia abbiamo la possibilità di trasformarci sempre più in Cristo, ma non solo, insieme alla comunità, ai fratelli, accomunati e unificati nell’Eucarestia, il Signore ci offre la grazia di essere sempre “in comunione con gli altri”, di essere “un sol Corpo, un solo Spirito, un solo Battesimo”; dunque un’unità, un fare comunione che ci deve rendere capaci di amare l’altro “avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito con il vincolo della pace”, come ci insegna oggi l’apostolo Paolo. Gesù ci mette alla prova, ci scruta, ci fa interrogare, chiedendoci se anche noi siamo capaci nella vita, di perpetuare il suo gesto, offerto al Padre, che non si può e deve limitare in una mera partecipazione alla S. Messa fine a se stessa, perché il dono di Cristo, ci insegna sì ad entrare in comunione con il Signore, ma come dono da fare ai fratelli, perché le sue mani generose diventino le nostre, il suo sguardo che si innalza verso “la folla”, possa essere anche il nostro, il suo cuore attento ai bisogni, possa rendere il nostro capace di amare dello stesso amore, di avere la stessa compassione. In una cultura consumistica, molto individualistica, in un mondo in cui si accentua sempre più la “fame materiale” oltre che spirituale, quale deve essere dunque il ruolo del cristiano, di colui che cresce alla scuola di Gesù Cristo, che si nutre di Lui? Deve essere eco della sua Parola tra la gente, uscendo dal proprio io e imparando a camminare con l’altro e per l’altro. Oggi c’è tanta fame di Cristo, e c’è tanta fame, tanta povertà, tanta disparità, tanto, forse troppo contrasto, tra chi ha e spreca e chi non ha e vorrebbe avere. Le due cose camminano in parallelo e possono trovare il punto di unione solo nell’amore, nella capacità di comunicare, di condividere, di fraternizzare. E sebbene, sulle nostre tavole non manchi mai il pane, purtroppo manca la voglia di condividerlo, di donarlo, di moltiplicarlo con chi non ne ha, con chi ha fame, preferendo piuttosto gettarlo nella spazzatura. “Ciò che abbonda sulle nostre mense, è ciò che manca nelle tavole dei poveri, ci insegna il Santo Padre”. Ed è proprio vero, quanto cibo sprecato, in una società che afferma di essere in crisi, sì, perché non comprendiamo e non diamo il giusto valore alle cose, non ringraziando il Signore per ciò che ci dà, perché se preghiamo sulle nostre mense, ma lasciamo che il nostro cibo vada perduto, il contrasto e la disparità vivono dentro noi, nel nostro cuore, nel nostro modo di vedere le cose e di vivere. In una società che si ostina verso il consumismo, impariamo a diffondere piuttosto la cultura della sobrietà, in un mondo che conosce lo spreco in casa e fuori casa, che preferisce gettare più che donare e riciclare, cresciamo nello spirito di uguaglianza e fraternità. Partecipando a tanti matrimoni, è triste constatare come l’opulenza non diviene mai occasione per fare carità, è meglio accettare passivamente che il cibo, possibilmente appena assaggiato o spesso intatto, sia destinato all’immondizia. Quanta responsabilità abbiamo, soprattutto se pensiamo che sui barconi, “tanta folla, tanta gente affamata” approda sulle nostre terre che non sanno, non vogliono e non possono dare accoglienza … perché c’è crisi … sì, c’è vera crisi morale, etica e sociale, perché non lasciamo vivere Dio fra di noi. Lasciamoci perciò interrogare profondamente dalla Parola di oggi, “perché nulla vada perduto”, soprattutto di quello che Gesù ci insegna. Facciamoci strumenti del suo amore, di un amore concreto, che non si ferma nella Chiesa, ma che sa “andare verso i controsensi di un mondo ha bisogno di conoscere la paternità, la carità, l’amore di Dio”. La Vergine Maria, donna della carità, ci accompagni col suo amore materno, insegnandoci una carità vera, autentica, senza finzioni, accogliente e che sa dare con generosità ciò che Dio ha “moltiplicato” per tutti.

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