Stampa questa pagina

09:Ott

Lectio XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Lectio XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Lectio Divina

Lc 17,11-19

Meditando la Parola di questa XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, ci sentiamo metaforicamente compagni di Gesù lungo il cammino che lo condurrà verso Gerusalemme, un cammino che, proprio perché vissuto a fianco del Signore, coinvolge “le nostre forze spirituali”. ...

Sentiamo infatti la fatica dell’andare “in salita” verso Gerusalemme, perché la presenza del Signore non ci lascia indifferenti, ma il suo esempio, i suoi insegnamenti, sono fari che si accendono, gettando la luce della Divina Volontà sul buio della volontà umana. Sia la Prima Lettura, che il Vangelo, ci fanno contemplare la potenza del Signore che si manifesta come guarigione fisica dal male della lebbra. Nella Prima Lettura Naaman, affetto dalla lebbra, trova guarigione grazie all’immersione “purificante” nel fiume Giordano, “secondo la parola di Eliseo, uomo di Dio”; il Vangelo ci fa contemplare l’incontro dei dieci lebbrosi con Gesù al quale chiedono l’aiuto che non tarda a sopraggiungere: mentre essi si dirigono verso i sacerdoti, secondo quanto detto loro da Gesù, trovano guarigione. Guarire dalla lebbra significava ritrovare la vita perduta, perché sappiamo che a causa della facilità di contagio, oltre che per come essa alterava tutto il corpo in una “piaga purulenta”, colui che ne era affetto, veniva scartato, allontanato, emarginato dalla vita sociale nella sua interezza. Il cuore di Gesù si muove a compassione, percependo tutta la sofferenza dei lebbrosi, dichiarata in quella disperata richiesta di aiuto, e non tarda a risanare il loro corpo, manifestando “le viscere materne di Misericordia” di Dio Padre. Comprendiamo dall’atteggiamento degli uomini graziati dal Signore, che la vera lebbra di cui essi erano affetti non era solo fisica, perché è il loro cuore che si dimostra il vero centro della malattia, perché su dieci di loro, ci dice il Vangelo, soltanto “uno straniero, un Samaritano”, cioè un pagano, “crede nel Signore e nella sua Parola”, testimoniando una fede autentica con la lode, con il ringraziamento, col sentirsi grato per essere stato salvato dalla morte, riconoscendo in tutto questo la Misericordia di Dio chinatasi sulla propria miseria. Anche Naaman, nella Prima Lettura, guarisce non solo fisicamente, infatti la sua guarigione fisica, come testimonianza della presenza viva del Signore, compagno del cammino dell’uomo, ne determina la sua conversione, ravvedendosi dalle vie del male: “… il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore”, così Naaman professa la sua fede. Anche il nostro cuore ha bisogno di guarigione, soprattutto dalla “lebbra della volontà umana”, la piaga che più ci affligge e paralizza la nostra fede, cioè la nostra capacità di “intenerirci sempre” dinanzi alla Misericordia del Signore che cammina accanto a noi. Oggi il Signore ci chiama a rispondere della nostra chiamata “cristiana”, come seguaci di Cristo e perciò sulla nostra capacità di vivere come Lui, pensare come Lui, amare come Lui, lodare, pregare, ringraziare il Padre come Lui, per ogni cosa: ci dice il canto al Vangelo, “in ogni cosa rendete grazie, questa infatti è la volontà di Dio per voi in Cristo Gesù”. Si, questa è la Divina Volontà, lasciarci avvolgere dalla sua luce, perché possiamo sempre vedere Gesù che ci viene incontro in ogni circostanza lieta o mesta, liberi dalle catene e dal buio dell’umana volontà. Chiamati ad un amore fedele verso il Signore, che ci vuole risanati e liberi dal peccato, chiediamo alla Vergine Maria di donarci la sua perseveranza, la sua forza, la sua tenerezza, perché nel riconoscere l’amore di Dio in ogni cosa, dalla più impercettibile, possiamo glorificare il Padre, restituendo con una fede pura, con una speranza certa, con un carità perfetta, il nostro “Ti amo”, il nostro “Grazie Gesù”.

Ultima modifica il Venerdì, 07 Ottobre 2016 16:19
Vota questo articolo
(0 Voti)