19:Feb

Lectio VII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Lectio Divina

Mt 5,38-48

Anche questa VII Domenica del Tempo Ordinario, attraverso il dono della sua Parola, il Signore ci ammaestra con amore, dimostrando di aver cura della salvezza delle nostre anime. Difatti, ponendoci all’ascolto della sua voce, percepiamo tutta la paternità di Dio, che non cessa di rivelarci il suo Volto Misericordioso, il suo Cuore di Buon Pastore; Egli, avendo cura del suo gregge, è sempre attento che nessuna “creatura” possa smarrirsi e difatti anche oggi chiama noi, suo popolo, a non perdere mai di vista la mèta della nostra vita terrena: farci santi come Lui è Santo. ...

Sappiamo che la nostra “dignità umana”, fonda le sue radici e dunque, ritrova la sua naturale vocazione, in Dio; infatti è a sua immagine che Egli ci ha creati, ed è a questa immagine, incarnata in Gesù Cristo, che dobbiamo quanto più possibile, sforzarci di rassomigliare. Gesù ci ha rivelato con pienezza l’Amore di Dio Padre e meditando il Vangelo, non solo quello odierno, possiamo con certezza affermare che Gesù non ha mai smesso di farsi propagatore dell’Amore di Dio Padre: un Amore che non rifiuta nessuno ma che sempre accoglie, un Amore che sa andare contro le apparenze per mirare al cuore, un Amore che non è interessato o finalizzato ma totalmente gratuito, un Amore donato senza attendere nulla in cambio, un Amore vero e trasparente, un Amore paziente, un Amore puro perché perdona. Nel Vangelo di oggi Gesù ci chiama ad uscire dalle “imperfezioni” del nostro modo di dare “amore” agli altri, facendoci riflettere sul campo entro il quale ci muoviamo e agiamo, dicendoci: “Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?”. Con queste parole Gesù ci insegna a guardare oltre i nostri limiti, spingendoci verso un “oltre” che anche se consta “tanto lavoro spirituale”, richiamandoci a coltivare ed esercitare l’umiltà, alla fine conduce ad una “dilatazione” del nostro cuore e, un cuore dilatato, è un cuore capace di fare spazio, un cuore aperto, un cuore che non si chiude dentro le proprie certezze, è un cuore che si lascia modellare da Dio. Guardare Gesù e comprendere l’immenso gesto d’amore di una vita donata per la salvezza di tutti, a prezzo del suo sangue, può e deve aiutarci ad uscire dal guscio della convinzione di sentirsi bravi e perfetti fedeli, fino a quando non valichiamo quel limite oltre il quale dobbiamo misurarci con ciò che ai nostri occhi appare imperfetto: ciò svelerà le nostre lacune e difficoltà. Nella Parola ascoltata in questi giorni, quando Pietro fa a Gesù la sua bella professione di fede, riconoscendolo come “il Cristo”, subito Lui gli mette innanzi quanto dovrà patire per poi risorgere e, dinanzi all’umanità del discepolo che rifiuta e non accoglie la prospettiva di una tale sofferenza, anche se seguita dalla sua Risurrezione, Gesù gli dice: “Vai dietro a me, Satana, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Ecco, spesso anche noi non ci sforziamo, non ci scomodiamo di affrontare delle situazioni difficili, cedendo magari alla divisione, all’indifferenza, al rancore, proprio per non incorrere ai rischi che vi sono associati, celando la paura di doverci confrontare sulla nostra capacità di uscire fuori da noi stessi, dal nostro io, dal nostro orgoglio, del saper perdonare, del saper soffrire, del saper rinunciare ad avere ragione, e allora Gesù ci dice: “mettiti dietro a me”, cioè seguimi, “cammina sulle mie orme, imparando ad andare sia verso coloro che ami, ma anche verso coloro che “preferiresti evitare” perché così divieni testimone della “perfezione di Dio”, che “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni”. È un grande salto nella fede che il Signore con questa Parola ci chiede di fare, un salto che ci chiama a continua conversione e ad imparare a guardare alla vita non con gli occhi umani ma con quelli di Dio, perché se pensiamo di voler riuscire in questo salto spirituale con le sole nostre forze umane, ciò risulterebbe impossibile, ma chiedendo alla Divina Volontà di venire a fare in noi un’azione, un gesto, una parola che ci aprono a questo “amore universale”, noi chiediamo che sia Gesù a compiere tutto ciò in noi, continuando così la sua opera redentrice e santificatrice per noi e per i fratelli. Chiediamo alla Vergine Maria, la grazia di saper rinunciare alle nostre vedute, rivestendoci di quella piccolezza con cui Dio può ricoprirci della sua grandezza accompagnandoci nel difficile ed impegnativo, ma con Lui possibile, cammino verso la santità.

 

 

Ultima modifica il Venerdì, 17 Febbraio 2017 16:00
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